MAGGIO

LA MEMORIA COMUNE

fotina per maggio xs.jpg Ogni anno, la città di Cascia stabilisce un gemellaggio di pace e di fede con una città con c...(leggi tutto)

I NOSTRI PADRI

Max Dentice xs.jpg Il 30 maggio 1916, nei cieli di Coltano di Pisa si consumava una tragedia aerea. Ne era vittima il c...(leggi tutto)

LA TRADIZIONE LOCALE

L'ARCOBALENO RICORDA

IMPRONTE ED ISTANTI

Al mare

L'una dopo l'altra,
l'onde del mare
si prostrano ai miei piedi.
Ora so di non essere
un uomo da nulla.

Vito Giuseppe Mele
Il mio cuore in versi, Edizioni Libroitaliano, 2002...(leggi tutto)

L'ARCOBALENO SEGNALA

IL NOSTRO BIMESTRALE copertina 6 2019.jpg
dicembre/gennaio 2019-2020

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La storia e i suoi luoghi

Riguardo alle origini di San Vito dei Normanni si sa poco. La zona dove oggi sorge la città era già popolata nell’VIII secolo a. C. dai messapi che, contemporaneamente alla fondazione di Roma, costruirono un villaggio di capanne su una collina che oggi è poco fuori il centro abitato. Questa terra era già in quei tempi tra le aree più fertili e ricche del mondo allora conosciuto: nelle campagne si producevano vino, olio e prodotti di notevole qualità richiesti dal mercato del tempo e i messapi ebbero la lungimiranza politico-commerciale di stanziarsi proprio in questa regione (ne sono prova i numerosissimi insediamenti rinvenuti anche nei paesi limitrofi).
L’insediamento messapico durò a lungo e, dopo alterne vicende, tra VI e V secolo a.C., sulla sommità della citata collina furono edificati un imponente edificio destinato al culto e due grandi strutture di recinzione alte più di quattro metri: alcune di queste strutture rimasero in piedi fino ad epoche a noi molto vicine al punto tale che, ancora molti secoli dopo la fondazione medievale della nostra città, per chi giungeva dalla campagna l’aspetto di questo primissimo abitato doveva apparire, non a torto, come un castello. Furono gli umanisti e i dotti del luogo a fondere questa percezione di incastellamento al ricordo di una delle protagoniste più note del mito greco, creando il toponimo ancor oggi diffuso di Castello d’Alceste.
I messapi abitarono la collina e dominarono le campagne fino a quando non furono travolti dalle guerre contro i greci di Taranto (V secolo a.C.) e la vitalità commerciale della zona si arrestò. Neppure in età romana i messapi di San Vito riuscirono a rifarsi, nonostante il periodo fiorente per gli scambi commerciali e per la cultura che il Salento attraversò in quell’età più che in altre (basti ricordare su tutti l’insuperata età d’oro per i porti di Brindisi e Taranto e la nascita della letteratura latina ad opera del tarantino Livio Andronico).
Oggigiorno su quella collina che fu la culla dei primi “sanvitesi” sorge il museo diffuso di Castello d’Alceste, un’area archeologica che custodisce le tracce dell’insediamento messapico più recente ritrovato. Qui infatti, solo a partire dagli anni ’90, gli studenti dell'Università del Salento e la Soprintendenza Archeologica hanno svolto degli scavi sistematici: sono tornate alla luce le fondamenta delle imponenti mura che circondavano l’abitato messapico. Dato l’abbandono dell’area in età antica e il suo non più successivo utilizzo, il museo diffuso offre oggi agli esperti la rara possibilità di osservare lo sviluppo di un abitato arcaico nel momento in cui cominciano a manifestarsi nuove forme di organizzazione abitativa e la possibilità di studiare le trasformazioni sociali di vasta portata analizzando gli elementi di cultura materiale.
Per ulteriori informazioni sul Museo Diffuso è possibile consultare il sito internet http://www.castellodialceste.it

Dopo mille e cinquecento anni di silenzio, in un periodo di profondi cambiamenti sociali e politici come fu il Basso Medioevo, sorsero i primi edifici della nostra cittadina, poco più in basso della collina abitata dai messapi.
Gli studiosi di un tempo e quelli di oggi non sono ancora riusciti a dirimere la questione relativa all’origine di San Vito dei Normanni. Se furono gli slavi - come detto - a portare il culto e le reliquie del Santo Patrono, non abbiamo tuttavia resti di un loro insediamento. Il primo edificio sarebbe sorto ad opera di altri devoti del martire Vito e, come il Santo, in parte siciliani di origine: i normanni. In particolare fu Boemondo d’Altavilla, figlio del normanno Roberto il Guiscardo e ricordato anche dal Tasso nella sua Gerusalemme Liberata, a far edificare una torre merlata in un luogo ancora ricco di boschi e selvaggina. La fondazione della torre dovette avvenire prima dell’aprile 1097: infatti, in quella primavera Boemondo giunse in Terra Santa nel tentativo di ritagliarsi in Oriente un principato combattendo nella Prima Crociata (1095-1099).
La torre quadrata, primo edificio della nostra città, è costituita da tre piani: al pianterreno è situata una cappella dove sin dagli albori della nostra storia i sanvitesi hanno perpetuato il culto verso il Santo di cui portano il nome; al secondo piano c’era un salone di rappresentanza e l’ultimo piano era spesso adibito a carcere. All’ombra di questa torre sono sorte le prime abitazioni della città e fu costruito l’attuale Castello Dentice di Frasso. Il maniero, nel corso dei secoli, è stato più volte ristrutturato: i cortili e le scalinate attuali sono del XIX secolo. All’interno del castello vi sono circa trenta stanze in cui, secondo un manoscritto del ‘700 conservato nell’archivio di famiglia (archivio dichiarato dal Ministero dei Beni Culturali di interesse storico nazionale), abitavano circa cinquanta persone. Di particolare bellezza sono ancora oggi i salotti pavimentati in ceramica di Vietri, i soffitti affrescati, i trofei di caccia, le tele, gli antichi mobili e i camini in pietra leccese. Fra gli altri ospiti che lo hanno visitato, nel 1943 questo castello ha accolto anche il re Vittorio Emanuele III e la regina Elena, che cercavano di sfuggire agli eventi di Liberazione ripiegando a Brindisi con il governo del maresciallo Pietro Badoglio.
Per ulteriori informazioni sul Castello Dentice di Frasso è possibile consultare il sito internet http://www.castellodenticedifrasso.it

I secoli medievali e dell’età moderna hanno conosciuto gli insediamenti rupestri nelle campagne circondanti, l’ampliamento del centro abitato e la costruzione delle sue dieci chiese (che rendono ancor oggi San Vito dei Normanni una terra di fede), oltre a tutte le pieghe locali degli eventi che hanno segnato la storia dell’Italia e del suo meridione: basti accennare alla lotta contro i saraceni, ai secoli del barocco e dei Lumi, alla fugace esperienza partenopea della Rivoluzione Francese e al processo di Unità del Paese, tutti eventi cui contribuirono in maniera significativa diversi sanvitesi, a buon diritto nel novero dei nostri padri illustri.

Molto significativo è stato il ruolo giocato dalla nostra cittadina nel secondo dopoguerra.
A metà degli anni ’50 dello scorso secolo, infatti, vennero stipulati gli accordi tra Italia e Stati Uniti d'America affinché fosse consentita la presenza delle forze armate americane sul territorio italiano. Gli americani, oltre ad altre basi disseminate in Italia, installarono anche nell’aeroporto “Maurizio Gallo” di Brindisi una base militare: l’aeroporto era sito nel territorio comunale del comune capoluogo, ma fu intitolato alla nostra città per distinguerlo dallo scalo civile Papola-Casale e da quello militare “Orazio Pierozzi”, storici aeroporti brindisini. La storia del secondo dopoguerra per San Vito dei Normanni coincide con quella di questa base militare, soprattutto perché in essa trovarono lavoro diversi sanvitesi e perché molti americani dimorarono anche presso il nostro centro abitato, diversificando ed incrementando l’economia locale.
Inaugurata nel 1961 e soprannominata San Vito dei Normanni air station, la base ha svolto attività di intelligence e di monitoraggio dei paesi dell’Europa Orientale e del Mediterraneo, fino al 1994: era una delle ventisette basi che gli Stati Uniti avevano in sette paesi dell'Europa, strategicamente importanti durante la Guerra Fredda, la guerra del Golfo e la crisi dei Balcani.
All'interno della base di San Vito dei Normanni era stato costruito un sistema di antenne direttive particolari (la più grande fu soprannominata Elephant Cage o, scherzosamente, Colosseo) e trovava spazio una delle due uniche macchine fotografiche telescopiche esistenti al mondo; vi era anche un osservatorio solare, uno dei pochissimi al mondo, che aveva il compito di monitorare le macchie solari e di studiarne gli effetti sulle radio-telecomunicazioni. Questa base, passata alla storia locale come Base U.S.A.F., era una vera e propria città: al suo interno vi potevano vivere circa seimila persone (un terzo dei sanvitesi del tempo) e furono costruiti negozi, bar, officine, stazioni di servizio, edicole, poste, un grande supermercato, quattro campi da tennis, due di baseball, uno di football americano, uno di calcio, un campo da golf a nove buche, una sala da bowling con 16 piste, alcune piscine, un palazzetto dello sport, una palestra, un cinema ed un locale adibito a chiesa. Furono costruite persino delle scuole, presso le quali studiarono anche i figli di Albano e Romina Power.
Oggi la grande gabbia non c’è più: terminate le operazioni nell’Est Europa, gli americani hanno restituito il terreno al Governo italiano e il sito militare è stato in parte smantellato.

Negli ultimi decenni la città di San Vito dei Normanni ha conosciuto un notevole sviluppo demografico e dei settori secondario e terziario. Accanto all’agricoltura, infatti, è soprattutto il turismo la vocazione principale di questo territorio: San Vito dei Normanni - fregiata del titolo di Città dal 14 aprile 1994 per decreto del Presidente della Repubblica - è il luogo adatto per scoprire tutte le meraviglie di una terra che incanta ancora oggi migliaia di turisti!