MAGGIO

LA MEMORIA COMUNE

fotina per maggio xs.jpg Ogni anno, la città di Cascia stabilisce un gemellaggio di pace e di fede con una città con c...(leggi tutto)

I NOSTRI PADRI

Max Dentice xs.jpg Il 30 maggio 1916, nei cieli di Coltano di Pisa si consumava una tragedia aerea. Ne era vittima il c...(leggi tutto)

LA TRADIZIONE LOCALE

L'ARCOBALENO RICORDA

IMPRONTE ED ISTANTI

Al mare

L'una dopo l'altra,
l'onde del mare
si prostrano ai miei piedi.
Ora so di non essere
un uomo da nulla.

Vito Giuseppe Mele
Il mio cuore in versi, Edizioni Libroitaliano, 2002...(leggi tutto)

L'ARCOBALENO SEGNALA

IL NOSTRO BIMESTRALE copertina 6 2019.jpg
dicembre/gennaio 2019-2020

L'ARCOBALENO PROMUOVE

L'ARCOBALENO CONSIGLIA

Terra di fede

Come ogni città dell’Occidente cristiano, le radici culturali di San Vito dei Normanni sono in gran parte cristiane, forgiate nei secoli da uomini e donne che hanno condiviso i valori della vita cristiana e li hanno declinati in dialogo con il mondo a ciascuna epoca contemporaneo. In questa terra, assieme alla fede in Cristo, con il tempo sono cresciuti notevoli esempi di santità e hanno preso forma anche le espressioni esteriori della spiritualità popolare di volta in volta immortalate nella pietra porosa delle nostre chiese o dalla straordinaria attualità della vitalità di riti e tradizioni nati nel tempo.

In mille anni di storia, all’ombra della torre quadrata, è cresciuto anzitutto il culto per il Santo Patrono, san Vito martire: proprio in quest’edificio - il più antico della città - trovava sede la prima chiesa dell’abitato e il legame fortissimo con questo Santo è stato da sempre suggellato dalla nome della nostra cittadina, nonostante tutte le varianti della denominazione.
Vito nacque a Mazara del Vallo, in Sicilia, nel III secolo d.C. Orfano di madre (che morì dandolo alla luce), era figlio di un senatore pagano: furono i suoi educatori, Modesto e Crescenza (che con lui subirono il martirio), a introdurlo alla fede cristiana. A soli quindici anni, la sua fede era saldissima al punto da operare prodigi in nome di Cristo: anche l’imperatore Diocleziano, ignaro da dove venisse la forza miracolosa giovane, lo supplicò di guarire il proprio figlio dal demonio, ma, venuto a sapere della sua fede cristiana, lo fece torturare e gettare in pasto ai leoni. L’agiografia vuole che il giovinetto sia morto, dopo aver subito indicibili tormenti, per slogatura delle ossa e che un angelo abbia trasportato lui e i suoi precettori-compagni sulle rive del Sele (in Campania), dove, in piena giovinezza, esalò l’ultimo respiro. Era il 15 giugno 303 d.C.
Il culto per questo giovane martire dovette giungere - come detto - ad opera degli slavi (che ne possedevano delle reliquie) o degli stessi normanni, come è da presumere dal momento che molte storie di miracoli attribuiti all’intercessione di san Vito riguardano membri della famiglia degli Altavilla (quella cui apparteneva il fondatore della città).
Certamente non è un culto isolato: san Vito martire è patrono di diverse città italiane (tra cui Recanati, patria di Giacomo Leopardi) ed europee (Praga e Fiume solo per citarne alcune) e in Italia ben undici comuni ne portano il nome. Il Santo è stato sempre invocato contro i morsi degli animali, in particolar modo contro i morsi della tarantola: il celebre ballo di San Vito nasce proprio da questo culto.

Il culto per San Vito, tuttavia, non è stato l’unico a svilupparsi nel nostro territorio: risalgono agli albori del secondo millennio, infatti, alcuni insediamenti rupestri siti fra San Vito dei Normanni e Brindisi che ci svelano il culto per altri Santi.
A pochi chilometri dall’abitato sorgono tre cripte adibite a luogo di culto dai monaci basiliani: la prima è la chiesa rupestre di san Biagio martire, sita in località Jannuzzo all’interno di un più ampio insediamento rupestre. La grotta di maggior interesse è quella centrale, che doveva essere utilizzata per le funzioni religiose essendo tutta affrescata e predisposta a luogo di culto. La cosiddetta cripta di San Biagio presenta un ciclo pittorico unico nel meridione d'Italia risalente al 1196 ed è stata acquista dal comune di San Vito dei Normanni che ne cura la fruibilità turistica.
Le altre due grotte, non ancora entrate nel demanio, sono quella di San Nicola (in cui è dipinta l'immagine del Santo benedicente) e quella di San Giovanni.

Proprio il culto verso il Battista si può considerare un altro tra i più antichi in città. Quando la chiesetta ai piedi della torre normanna non poté più raccogliere tutti i fedeli, infatti, i principi del luogo fecero costruire una nuova cappella dedicata a san Giovanni Battista. Della costruzione originale oggi non rimane nulla: quella che si ammira a pochi metri dalla piazza principale è una splendida chiesa barocca, edificata sopra i resti della precedente cappella, degna di nota per essere l’unico esempio di barocco leccese a San Vito. Fu fatta costruire dal feudatario Marchese-Belprato nel 1735 e rimase di proprietà dei principi fino al 1988, quando i Dentice di Frasso la cedettero al Comune.
La facciata è barocca e presenta diverse lesene sormontate da capitelli corinzi con due grosse volute che chiudono il prospetto dell’edificio nella parte superiore. All’interno della chiesa - una vera e propria bomboniera - vi sono tre splendidi altari con stucchi dorati (quello maggiore è in pietra) e sei tele di pittori locali: la Visitazione di Maria a Elisabetta, il Battesimo di Gesù, Giovanni che predica alle folle e la Fuga in Egitto del leccese Serafino Elmo datate 1735. Altre due tele, San Giuseppe e Sant'Irene sono anonime (gli storici le fanno risalire alla scuola del De Mura) e sono posizionate all'interno di due stupendi baldacchini intagliati e dorati della scuola napoletana di fine '700, cornici rare nel circondario. Dietro all'altare maggiore si conserva il coro ligneo e lo stemma dei feudatari di San Vito.
Sino alla seconda guerra mondiale nella chiesa si è celebrata la Messa tutti i giorni e successivamente si è aperta solo nel giorno di San Giovanni e del Corpus Domini. Oggi non si celebra più al suo interno poiché, benché non sia stata mai sconsacrata dalle autorità ecclesiastiche, dopo il suo restauro è divenuta un contenitore di eventi culturali, mostre e convegni. Per riprendere l’antica usanza del clero sanvitese, tuttavia, dal 2011 si è tornati a celebrarvi la Messa una volta all’anno, nel giorno della Natività del Battista (24 giugno).
Il Ministero dei Beni Culturali, l'8 ottobre 1985, ha dichiarato la chiesa di "interesse particolarmente importante [...] perché rappresenta l'episodio più caratteristico di architettura sacra di stile tardo-barocco in San Vito dei Normanni".

A pochi metri dalla torre normanna sorge ancora oggi la prima chiesa parrocchiale dell’abitato: la Chiesa di Santa Maria degli Angeli. La sua è una storia lunga seicento anni: l’inizio della costruzione risale, infatti, al ‘400, ma è stata più volte ingrandita e così quello che si presenta agli occhi del visitatore è un edificio frutto dei lavori di restauro del ‘600-‘700. All’interno sono da ammirare gli altari in pietra e quello maggiore in marmo policromo, oltre alle tele e alle statue in cartapesta leccese. Particolare attenzione va riservata ad uno stupendo crocifisso ligneo del ‘500. Questa chiesa è stata l’unica chiesa parrocchiale di San Vito dei Normanni sino al 1595, quando anch’essa risultò piccola per le esigenze di culto e il capitolo si spostò nella nuova Chiesa Madre. Da allora Santa Maria degli Angeli è stata denominata “Tempio antico” o, popolarmente, “Chiesa vecchia”.

La Basilica di Santa Maria della Vittoria è la Chiesa Madre dell’abitato, un vero e proprio gioiello di fine ‘500 che custodisce al suo interno diverse opere d’arte.
La sua costruzione era già stata avviata a metà del Cinquecento, ma poté essere completata solamente sull’emotiva onda lunga generata dalla celeberrima battaglia di Lepanto (7 ottobre 1571), scontro al quale alcuni sanvitesi presero parte chiedendo alla Vergine di tornarne incolumi.
Nel 1595, terminata l’attuale parte absidale ed il transetto, il nuovo tempio fu aperto al culto e dedicato a Santa Maria della Vittoria, in ricordo appunto della vittoria contro i saraceni.
Per lungo tempo è stata Concattedrale della Diocesi di Ostuni e diversi vescovi hanno dimorato nei locali attigui alla chiesa o sono stati sepolti in questo luogo. Ancora oggi, dopo la fusione della Diocesi di Ostuni con quella di Brindisi (30 settembre 1986), l’edificio è uno tra i più grandi della circoscrizione vescovile.
Al suo interno, sotto una maestosa volta a botte, sono da ammirare gli altari in marmi policromi del ‘700, le tele del ‘600 e del ‘700 (in particolare l’Ultima Cena del napoletano Paolo De Maio), la serie degli Apostoli, la cassa d’organo del ‘700 con intagli in oro zecchino, il coro ligneo del ‘600, le porte bronzee di Ernesto Lamagna, i reliquiari e le diverse statue che la chiesa custodisce dall’alto dei suoi quattrocento anni di vita.
Vanno apprezzate le quattordici statue dei Misteri Dolorosi, realizzate fra ‘700 -‘800 (la loro espressività consente di riflettere sul dolore e le sofferenze patite da Cristo), e la statua argentea del san Vito martire, un vero e proprio capolavoro del ’500, probabilmente di fattura napoletana (così come oggi si presenta risalirebbe al 1701): quest’ultima statua è esposta alla venerazione dei fedeli solo il 14 e 15 giugno, in occasione della festa liturgica del Santo Patrono.
Anche la più fugace delle visite non può prescindere dall’icona della Santa Madre di Dio Nikopeia: realizzata su modello bizantino dal contemporaneo Mons. Rosato e ricoperta in lamina d’argento, l’effige raffigura la Madonna e il Bambino benedicenti. Il nome di Nikopeia fa riferimento ancora una volta alla battaglia di Lepanto, perché in greco significa Operatrice di Vittoria. Questa icona è stata solennemente benedetta e incoronata con diadema da san Giovanni Paolo II, nella sua Cappella Privata, il 26 ottobre 1996. La bolla che documenta l’incoronazione dell’icona è custodita all’interno della teca insieme ad un’altra bolla, quella dell'elevazione a Basilica Pontificia Minore della stessa chiesa (30 dicembre 1998).
In questa Basilica, domenica 12 ottobre 2003 è stata celebrata una Messa solenne, presieduta da Mons. Rocco Talucci, Arcivescovo emerito di Brindisi-Ostuni, trasmessa su Rai 1 nel corso del programma “A Sua immagine”.
Per ulteriori informazioni sulla Basilica di Santa Maria della Vittoria è possibile consultare il sito internet http://www.santamariadellavittoria.it

Nel tessuto urbano di San Vito dei Normanni sono inserite dieci chiese (di cui cinque parrocchiali), un monastero delle Oblate Benedettine, un convento dei Padri Mercedari e due conventi per gli ordini mendicanti un tempo attivissimi e oggi dismessi.
San Vito dei Normanni, infine, è “terra di fede” soprattutto perché ad essa sono legate tre grandi personalità dichiarate in odore di santità: il Servo di Dio Padre Tommaso Pittalà, il Servo di Dio Padre Giuseppe Marrazzo e la Venerabile Nennolina Meo.